sabato 4 maggio 2013

Stairway to heaven di mattoni gialli: TrollGod, livello 100



Sapevate che Dio ha un account su Facebook? No, immagino di no. E nemmeno io, e per quanto all’inizio fossi un po’ scettico, subito dopo mi dissi che era normale: per un maniaco dell’onniscienza come lui, era solo questione di tempo prima che accadesse. Il tiepido entusiasmo iniziale per la cosa, però, fu subito dopo stemperato dal risultato delle indagini occasionali del sottoscritto. L’agghiacciante scoperta che Dio non solo aveva un account Facebook, ma non si faceva scrupoli di usarlo per postare foto del sottoscritto che sanguina come un maiale prima di divenir pancetta….
<<Quando CAZZO mi hai scattato quelle foto!?>>
E no, non me ne fregava nulla della scomunica, al momento. Ero incazzato come un caimano a digiuno durante i monsoni, e alquanto risentito per l’aver viste esposte le mie terga al pubblico ludibrio (può non sembrare, ma stare in mutande mi intimidisce alquanto).
Mentre dormivi, figliolo. Tra l’altro ronfavi in maniera adorabile, proprio come un pupo, mio caro coinquilino.
E calcò pure sulla parola, l’infame. Come se si divertisse.
Cosa peraltro probabile.
<<Come ti sei permesso di postarle?! Eh!?! Questa è violazione della privacy!!! Io ti denuncio!>>
E pensi davvero che abbia bisogno del tuo permesso per postare le tue foto ignudo? Chi pensi che abbia generato la realtà in cui vivi?
<<Sì, ma questo non ti dà alcun diritto di…>>
E invece sì. Ostrega, se aveva ragione. Tra l’altro, cazzo vai a denunciare il Padreterno per violazione della privacy? Se ti pigliano sul serio, ci sono buone probabilità che il processo decada per contumacia dell’imputato.
Era vero, mi aveva già tolto il libero arbitrio nel momento stesso del suo arrivo, quindi non mi sarei dovuto stupire più di tanto se avesse voluto togliermi altro. Ma non volevo darmi per vinto.
<<…di…di…mostrare le mie nudità al mondo virtuale!>>
Ride. Ride. Cazzo, che odio!
Placa i tuoi ardori, mio piccolo sindacalista bastardo. Chi ti credi di essere per opporti a me? Rammenta che polvere sei e polvere ritornerai, giacché IO ho deciso che fosse così. Io…sono tuo padre…
Fantastico, ci mancava solo il delirio da onnipotenza. Come se non bastasse l’onnipotenza e basta.
<<Senti, Darth Vader dell’Iperuranio, ti sarei grato se la smettessi di inquinare l’aria con le tue stronzate. Sì, siamo tutti tuoi figli; sì, discendiamo tutti da un uomo e dai suoi bizzarri feticismi per le costole. Quindi piantala, ok?>>
Dici davvero…? Pensaci un’attimo…tuo padre è biondo, tua madre è bionda…come saresti potuto venir fuori moro, e con gli occhi come quelli di tua madre? Per non parlare di quella voglia a forma di trifoglio sotto il piede destro. Identica alla sua.
Ok, devo ammetterlo, qui deglutii un bel po’. Per quanto onnisciente potesse essere, certi dettagli non possono essere semplici coincidenze. E dopotutto, per uno che ha creato il mondo in sette giorni, farsi una sveltina immateriale senza nemmeno lasciar tracce organiche non è poi così arduo.
E poi oh, ci riusciva Zeus che era uno tra i tanti, perché non dovrebbe riuscirci lui?
<<Vuoi dire che…tu e mia madre…>>
Una potenza, quella donna! Wow…!
Lo giuro, in quell’istante ebbi una sorta di crisi mistica, di quelle che di solito giungono a qualsiasi protagonista di romanzi fantasy. Caddi in ginocchio con le mani al volto, ed esordii in un <<NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!>> talmente lungo e patetico che mi aspettavo di veder sopraggiungere Medioman.
E poi, ancora quella risatina tonante, gutturale, che avevo imparato a temere come un attacco di diarrea durante la discussione della tesi di laurea.
<<Questo non può essere vero! Non può essere vero, no…!>>
Minchia, sembravo Homer Simpson quando gli bruciarono davanti una ciambella sul fornelletto a gas.
Infatti non lo è. Ti prendevo per il culo.
Lentamente, con un misto di sollievo e disprezzo galoppante, mi volsi a guardarlo.
<<Ma allora…quella storia degli occhi e dei capelli…e la voglia…?>>
Mai sentito parlare di caratteri dominanti e recessivi? Quel Gregor Mendel aveva le idee chiare.
Lo so, avrei già dovuto capirlo, dopotutto quelle sono nozioni da terza media, ma a quanto pare la mia mente aveva impostato il pilota automatico per proteggermi da una notizia non troppo piacevole. In effetti però avrei avuto tutte le ragioni di aver “fede” nelle sue parole: c’era il fatto che i miei genitori erano entrambi biondi e io moro, o magari che i miei erano bassi come un tavolino da tè e io più alto di loro due messi insieme, o ancora che mio padre mi ripeteva che non era possibile fossi suo figlio (con una regolarità disarmante, tra l'altro)…ma a volte le cose è meglio non notarle e farsi i cazzi propri. Si vive meglio.
…vado a comprare lo zucchero che è finito…ah, e cancella pure le foto, se vuoi…
   Lo seguii in camera mia, balbettando debolmente sul fatto che magari poteva crearlo lo zucchero, ma non sentì ragione. Lo vidi entrare nell’armadio giallo, e dopo un secondo di elettrofrizzante transizione mistica calò il silenzio.
<<Lo sapevo… ci si può fare la spesa>>.
Dopo questo pensiero atto a cancellare ogni ricordo della conversazione in cucina dalla mia memoria, questa si accrebbe di un piccolo particolare, uno di quelli insignificanti, uno di quei problemi che rimandi fino al momento inevitabile della costrizione o della sopravvivenza, come quando si ha la lettiera del gatto da cambiare: quella mattina sarebbe giunto il mio primo coinquilino…
Alla fine, però, non era così problematica la situazione…avevo solo l’Alfa e l’Omega che mi girava per casa ballando la disco-funky degli anni Ottanta(del ventesimo secolo, per mia fortuna), che quando guardava Naruto lo faceva appeso al soffitto insieme a una quindicina di sue copie, e che aveva trasformato l’acqua dei rubinetti in Daiquiri al mirtillo. Anche se mi aveva assicurato che la cosa era temporanea.
Nella fattispecie, l’indomani sarebbe passato al Brunello di Montalcino.
Beh, se non altro non poteva andar peggio.


KABOOM!
Una sorta di deflagrazione proveniente dalla cucina mi ci fece fiondare alla velocità del suono, un suono particolarmente esasperato e sull’orlo della disperazione estatica, per vedere cosa era accaduto; dopo aver visto il Padreterno nella forma del cantante dei Nickleback fiondarsi dal mobilio nella mia vita, ero preparato a qualsiasi evenienza o altra stramberia che quel simpaticone si potesse inventare.
O almeno, così credevo.
Quello che videro i miei occhi negli attimi successivi all’entrata in cucina non furono altro che fumo, polvere e un giovane con la barba incolta che mi guardava con un bastone in mano. Fu la testa del bastone, memore delle lezioni di catechismo, a mettermi in allarme: aveva la forma di un serpente.
Per quanto la visione mi avesse comunque lasciato spiazzato, non detti a vedere, e ressi il gioco con calma e flemmatica diplomazia.
<<Buondì. Lei chi sarebbe?>>
Ecco, sì…io sono Mosè, patriarca del popolo d’Israele e tuo nuovo coinquilino, ma tu puoi chiamarmi Shalomm, gioia. Mi dici dov’è il bagno, che mi do una rinfrescata? Il viaggio è stato TERRRRRRRRIBILE, guarda, mai più con la El Al, sono un branco di zoticoni.
Benone, questa mi mancava.
Nella cucina del mio appartamento si è appena materializzato uno dei patriarchi dell’Antico Testamento, tanto caro agli scultori e ai traduttori, che gli misero le corna senza che nemmeno fosse sposato. Il primo sindacalista della storia dell’uomo; l’uomo che avrebbe potuto salvare il Concordia separando le acque, e l'Italia separando destra e centro.
E che parla come il mix semiserio di Paris Hilton e Oprah Winfrey.
Ho bisogno di un cachet…
      
In quel preciso istante, una delle mie idee più antiche e radicate sul paradiso ebbe conferma: doveva essere una palla assurda, con buona pace di Tullio Solenghi, Paolo Bonolis e Luca Laurenti…prima un Dio (anzi, IL Dio) annoiato e voglioso di cazzeggio, e ora un salvatore biblico sotto mentite spoglie (letteralmente spoglie, purtroppo: nell’abbigliamento somigliava tremendamente a Borat durante la scena della spiaggia) si era catapultato nel bel mezzo del tinello. Come se la situazione non fosse già al limite dell’assurdità, quel leggendario bacucco in tanga stava dinanzi a me con una trousse e un trolley  rosa shocking al fianco, il bastone in una mano (e notai che gli occhi del serpente erano due zirconi con inciso il logo della D&G) e un iPhone con fotocamera integrata nell’altra.
<<Oh>> esordii, alquanto spiazzato. <<E di preciso cosa è venuto a fare, mis…Shalomm?>>
Beh, vedi, carino, su nel ciel infra i beati cori prima o poi ci si strappa le sopracciglia dalla noia. E poi, son sempre le solite facce, non c’è mai qualche gossip interessante. Quindi sono sceso per farmi una vacanzuola, ecco, si potrebbe dire così. E poi, ho sentito che di manzi papabili qui ce ne sono un mucchio.
<<Eh?>>
Ragazzi, cocchino, ragazzi! Deliziosi croccanti bocconcini di maschio da assaltare! Che altro?
Ci sorridiamo entrambi, ma mentre il suo sorriso è spontaneo e quasi allusivo, il mio è congelato come una smorfia dinanzi a un orso bruno affamato. Vestito di tulle.
<<Oh, certo. Ti spiace se vado un attimo in camera? Il bagno è di là>>
Senza ulteriori indugi corsi via fino alla mia stanza, immaginando vagamente gli strilli deliziati di ‘Shalomm’ quando avesse cercato di lavarsi il viso con il rum bianco; mi chiusi a chiave, quindi aprii l’armadio giallo nella speranza di ritrovare quel mascalzone vestito di pelle che prima mi paracula dicendo che sono stato adottato, poi mi manda un patriarca omosessuale di dubbia moralità in cerca di un compagno.
Ma accovacciato sul fondo dell’armadio trovai solo lo straccio sporco.
Il maledetto era fuggito.
E la sua ubiquità, al momento, non mi era di alcun conforto.





(c)Sigmund&Fafnir

Nessun commento:

Posta un commento