sabato 4 maggio 2013

Alzarsi in una fredda mattina d'inverno



Mi sono svegliato questa mattina nel mio letto…

Ok, ok, non c’è nulla di strano, lo ammetto, ero solo un pischello che si alzava (per modo di dire) dal materasso. Il punto è che in quel momento ho avuto la malsana, geniale idea di mettermi a pensare.
Ho cominciato a pensare come fosse possibile che un letto abbia più forza gravitazionale di un pianeta intero, quella forza che ti ci fa restare incollato, legato da funi e corde invisibili, che riesce a far slittare qualsiasi programma accessorio tu ti sia prefissato la sera prima. L’uomo ha creato l’arma definitiva per la cancellazione degli appuntamenti con la vita: il letto. E siccome non fa mai le stronzate a metà, non ha inventato solo il letto ma anche dei potentissimi alleati per facilitargli il compito, ossia le coperte, i piumoni e il cuscino, deterrenti unici nel cancellare la razionalità da ogni tua cellula. I Fantastici Quattro del mondo dell’arredamento da camera hanno la piacevole abitudine di farti stare comodo e scaldarti nelle glaciali notti invernali rendendole estremamente piacevoli…ma nel momento in cui arriva il fatidico secondo in cui devi schiodare il culo e alzarti, ecco che i Fantastici Quattro, con un sorriso da mentecatto, ti scrutano nella loro immobile attesa, non capendo né il perché né il modo con cui cerchi di perseguire il tuo obbiettivo: alzarti, appunto.
Alzarsi…uno dei momenti più orribili della giornata. Lo scambierei volentieri con Gigi d’Alessio che mi canta la colonna sonora per tutto il resto del giorno. Nel momento in cui decidi di alzarti, dannando il tuo corpo molto più di quanto danneresti la tua anima bestemmiando a pieni polmoni durante la messa del fanciullo, ti rendi conto della fosca, raggelante verità celata nel ghigno sadico di quei Quattro…fuori dalle coperte, lì, nel mondo vero, fa un freddo cane. In quel momento, racchiuso come in una bolla di cemento fine, nell’istante fatidico in cui decidi, kamikazescamente, di mettere fuori un pezzo di pelle, che ti rendi conto di come si devono sentire gli eschimesi prima di uscire dall’igloo, dal tepee o, nei casi peggiori, dalla roulotte, ma fortunatamente l’europeo occidentale medio ha più forza (o si illude di averne) e dopo aver tergiversato e mugugnato per almeno venti minuti, si tira su dal letto.
Nel momento in cui il corpo è denudato dalla protezione dell’amata coperta, dell’agognato piumone e del cameratesco cuscino, ci si rende conto dell’enorme minchiata appena fatta…non ho il pigiama.
Vacca di quella vacca.
Quando la nuda carne viene a contatto con il glaciale habitat della camera, tutti gli inutili pensieri svaniscono, e l’unico pensiero svettante è sopravvivere, aggrappandoti ai vestiti (ovviamente talmente gelidi che ci puoi giocare a frisbee). Cerchi di metterteli nel modo più coscienzioso e veloce possibile, non badando a tutte le futili norme sociali della moda (tipo quella storia che i pantaloni andrebbero messi prima delle scarpe: roba da hipster) o le infondate leggende riguardo ai vestiti colorati durante le feste. Nel momento in cui finisci di vestirti, passato un numero variabile di attimi di totale assideramento, cominci a sentire qualcosa di piacevole, il tepore, e per fortuna non solo in zona chiappe (otto ore senza scorreggiare si faranno sentire tutte…), ed è allora che dentro di te si erge come una serpe vittoriosa un senso di felicità estrema per essere nato. Dopo quella repentina gioia rampante, subitanea però sopraggiunge una strana sensazione contrastante con quella piacevolezza appena trascorsa, ed è troppo tardi che ti accorgi della causa, dell’incredibile crudeltà e viltà annidata nel cuore di questo mondo, dell’ultima coppia di alleati segreti che il letto e i suoi biechi compari avevano tenuto nascosto per tutto questo tempo, in attesa della tua fugace vittoria…

Le ciabatte.






                                                                                                         (c)Sigmund&Fafnir

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